martedì 26 gennaio 2010

Secondo caffé. Un amico preoccupato.



«Io non so che giri stia frequentando, adesso. Insomma, anche io ho bazzicato un po' nell'ambiente, ma non mi è piaciuto per niente. A volte sono felice di aver chiuso».
«Non è proprio un habitat pulito. Prendi Mario: stando a suo fratello, si droga un mucchio».
«Eh, ma vedi... Mario è inoffensivo. Gli prende la botta da acido, ma alla fine è un tipo cordiale. E' buono. Anche suo fratello è buono: l'ho conosciuto, è un tipo tranquillo, sereno, per niente invidioso...».
«Eggià...»
«... ma qui il discorso col mio compare è un altro. Questo sbrocca di brutto, se gli butta male spacca ogni cosa. L'altra volta stavo cercando di finire il romanzo... il romanzo a cui ho lavorato per dei mesi, giusto? beh, è arrivato che era completamente in schizzo, si vedeva: aveva due occhi grandi così e il sorriso arrogante che gli viene quando si cala quei cocktail di anfetamine. Comincia a dar di matto. Ma di matto, eh».
«Cioè?»
«Cioè fa tutti questi discorsi pseudo ecologici sul fatto che noi siamo animali, siamo schiavi del sistema e bisogna liberarci. Che bisogna rompere gli schermi. Al massimo gli schemi, gli faccio io. Magari. Questo idiota prende il monitor del mio computer e lo schianta. Gli salta addosso finché non lo rompe, ti dico».
«Cacchio!».
«E poi ha preso, ha cominciato a schizzare come una pallottola per tutta casa, spaccando la televisione, urlando che bisogna liberare gli animali e tutto. Finché non è scappato per strada e ha continuato a correre, correre, correre. E guarda che quello è capace di andare avanti per giorni, finché è in botta. Lo stiamo ancora cercando e io credo che non lo troveremo finché il cuore non gli collassa».
«Accidenti, una gran brutta situazione».
«Io non so che fare, davvero. Ho cercato di aiutarlo, eh. Sempre lì ad ascoltare, a dare consigli, a dirgli di smetterla. Mi ha sempre trattato malissimo. Sai cosa? è incapace di relazionarsi con gli altri, tutto qui».
«Si chiude a riccio».
«...».
«Oh... cazzo, non volevo, davvero, mi è venuta così!».
«Insensibile bastardo».

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Primo caffé. Un vero uomo.


«... e allora sono lì, con mio fratello che ha il cervello fottuto dal trip e non fa che ripetermi
ho paura, ho paura, cazzo, mi sento scoppiare, mi sento enorme e altre stronzate del genere».
«Ah-ah...».
«E sai cosa gli dico? Sai cosa gli dico a quello stronzo? Gli dico di fottersi, ecco cosa gli dico. Gli dico che lo sapeva come si sarebbe ridotto. E che lo avevo avvertito. E lui è lì che piagnucola e mi fa uh, buh, uh, non tornerò mai più normale. Piagnucola, capisci? Come una ragazzina».
«Chiaro, sì».
«Beh, allora lo sai che faccio? Mi dico che c'è bisogno di un vero uomo. Prendo questo gran respiro e guardo tutto il ponte davanti a me, che dondola su quel maledetto lago di fuoco. Un lago di fuoco, capisci? con tutta la lava che schizza e ti può ridurre a uno schifo nel giro di un salto. Nel giro di un salto, bello. Ma dovevo oltrepassarlo, no? Proprio oltre c'era lo spiazzo, con la gabbia in cui era rinchiusa Daisy».
«Eh».
«Faccio la corsa. Primo schizzo di lava. Salto. Secondo. Mi fermo, prima che mi prenda in pieno. Mi restano gli ultimi metri di ponte. Prendo fiato. Davanti a me, in controluce, la sagoma gigantesca del bastardo che ha rapito la mia donna».
«Non è la donna di tuo fratello?».
«Cos'hai detto, scusa?»
«Niente, vai avanti».
«Lui è lì che ride no? E io gli faccio: ti spezzo un braccio. Ti spezzo un braccio, gli dico. Poi corro. Lui mi salta addosso. Io salto... merda, non è proprio un salto, è decollare verso il soffitto, spinto su e pompato da giorni e giorni di lavoro sodo sui muscoli delle gambe. Giorni di sudore e bistecche, non i funghetti di merda di mio fratello»
«Vai avanti».
«Gli salto sopra. Come nemmeno Neo in Matrix. Il bastardo si infuria, sbatte una zampa sul ponte per la rabbia... e il ponte inizia a scricchiolare. Patetico ciccione a scaglie».
«E insomma è caduto, giusto?».
«Puoi scommetterci! Il onte gli è crollato da sotto al culo, a quel lucertolone cornuto! Lo sentivo urlare mentre atterravo al sicuro, sullo spiazzo. Urlava ancora mentre aprivo la gabbia di Daisy...».
«La aprivi come
«Chissenefrega, l'ho aperta e basta! E Daisy usciva fuori... e... mi baciava... mi baciava, sì, come non ha mai baciato mio fratello e...».
«Luigi...».
«E mi diceva Luigi, cazzo, sei il migliore! Sei il migliore di tutti! Non come quella merda... quella merda di tuo fratello...»
«Dai, Luigi... smetti di piangere un attimo, su».
«Quella mezzasega... quella mezzasega a cui tutti vogliono bene... e che non ha mai meritato niente. Niente, cazzo!».
«Dai, Luigi, su... non è niente. Fatti abbracciare, dai. Questo giro lo offro io, ok?»

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